COMPOSIZIONE NEGOZIATA DELLA CRISI DI IMPRESA

BREVI NOTE IN MERITO ALLA NATURA COMPOSTA DEL DEBITO

Il riferimento alla possibilità di definire in sede di composizione negoziata della crisi di impresa una situazione debitoria di natura mista o prettamente consumeristica, ma riferita a soggetto che non risulta essere consumatore nel senso indicato all’art.2 del CC.II., non appare quale ipotesi espressamente considerata in alcun articolo del vigente Codice della Crisi.

L’interprete e l’operatore dovranno quindi far ricorso ai principi ermeneutici tipici dell’interpretazione del testo normativo per avere una risposta al relativo quesito.

Come analisi preliminare occorre considerare che l’applicabilità di tale strumento extragiudiziale per la definizione di una debitoria che ostacoli lo svolgersi di una attività imprenditoriale, pur non essendo completamente di origine non consumeristica, deve ritenersi del tutto ammissibile nel senso che – molto banalmente – non risulta quale fattispecie espressamente vietata, in quanto è noto che nel nostro ordinamento vige la regola per cui “Ubi lex vòluit dìxit, ubi nòluit tàcuit”, ciò che non è espressamente vietato è permesso.

E non potrebbe essere diversamente, ma questo anche in base alla seguente analisi di ordine sistematico e funzionale dell’istituto in questione, nonché letterale delle singole disposizioni vigenti.

Sotto il primo profilo, la possibilità o meno di ricorrente allo strumento negoziale indicato, nell’ipotesi di imprenditore individuale per negoziare debiti non strettamente di impresa, è da valutare tenendo presente quanto accade all’esito di una eventuale liquidazione giudiziale che abbia ad oggetto un’impresa non collettiva.

Nel caso indicato del soggetto persona fisica, l’apertura della procedura concorsuale comporta la liquidazione dell’intero suo patrimonio, anche personale e, pertanto, non strettamente funzionale o legato all’attività economica esercitata; per quanto attiene al lato della ricostruzione dello stato passivo, il concorso include necessariamente tutta la debitoria in carico al soggetto persona fisica, ivi compresa anche quella relativa a finanziamenti, prestiti e debiti sorti per finalità estranee all’orizzonte aziendale quali i mutui contratti per l’acquisto della abitazione familiare, per cui si vedranno ammessi al passivo le istanze dei relativi istituti bancari con correlata precisazione dei crediti.

A parere di chi scrive, la composizione negoziata – procedura a carattere non concorsuale – ha una portata più ampia della liquidazione giudiziale e si prefigge la possibilità di concedere a tutti gli imprenditori, piccoli e no, di accedere ad una soluzione in termini di accordo definitivo e solutorio con tutto o parte del ceto creditorio.

Questo, nel caso in cui si avesse a riferimento l’imprenditore persona fisica, va tradotto nella necessità di includere quelle categorie di creditori (come il fondiario per la sottoscrizione del mutuo per la prima casa) che poi avrebbero buon diritto, magari anche in via privilegiata, di concorrere al passivo dell’eventuale liquidazione giudiziale successivamente dichiarata.

In modo analogo, gli accordi di ristrutturazione riguardano l’intera debitoria del soggetto persona fisica che veste la qualità di imprenditore, ivi inclusi prestiti di natura personale.

A maggior supporto di tale interpretazione milita la verifica del dato letterale della normativa disciplinante la materia: in primis l’art.15 CC.II. il quale, al comma 4, impone all’imprenditore il dovere di rappresentare la propria situazione all’esperto ai creditori e agli altri soggetti in modo completo e trasparente, ergo, includendo nella debitoria ogni tipo di esposizione, anche di carattere non imprenditoriale.

L’art.12 al comma 1, si riferisce poi a “condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza” quale unici elementi legittimanti la nomina dell’esperto, senza operare distinzioni in merito alla natura della debitoria, nel senso di una distinzione in relazione all’origine della stessa. Peraltro, è fuor di dubbio che sia idonea a creare una condizione di squilibrio patrimoniale dell’imprenditore persona fisica l’esposizione per l’acquisto, ad esempio, della prima casa.

Inoltre, il comma 2 dello stesso articolo ci dice che l’esperto agevola le trattative tra l’imprenditore, i creditori “ed eventuali altri soggetti interessati” così estendendo la platea dei partecipanti a categorie non strettamente economiche e finanziarie, con ciò presupponendo una debitoria di tipo non professionale/imprenditoriale.

L’interpretazione qui fornita è, infine, pienamente in linea con il dettato della cosiddetta Direttiva U.E. Insolvency n. 1023/2019, tesa a promuovere la ristrutturazione preventiva quanto precoce dell’impresa e che si sviluppa su due binari: il primo, quello di concedere all’impresa ogni più ampia facoltà nell’individuare un percorso, del tutto stragiudiziale, che le possa consentire di evitare il dissesto; il secondo, quella di affiancare all’impresa un soggetto qualificato e credibile (l’esperto), che la possa supportare nel percorso di risanamento e nelle trattative con i suoi creditori e tutti gli altri stakeholder.

In pratica gli stati membri sono tenuti ad attuare una metodologia di risoluzione delle crisi al fine di concedere la c.d. seconda chance al soggetto che svolge attività economica, permettendogli di uscire dalla condizione di squilibrio che, nel caso della impresa individuale, è necessariamente estesa anche ad elementi e debiti di tipo personale, familiare e consumeristico.

In quest’ottica è sicuramente applicabile l’istituto della Composizione Negoziata della Crisi di Impresa anche per il caso di debiti di natura mista o prevalentemente non imprenditoriale.

Avv. Paola Peruzzi

(Presidente Camera Civile Civitavecchia)